Ferruccio è un abilissimo macchinista e guida i treni merci attraverso tutta l’Italia. Come molti italiani, è iscritto al Partito Fascista per obbligo e non sopporta la dittatura.
Il suo incarico è fondamentale per il trasporto delle materie prime, e gli risparmia il fronte di guerra. Ferruccio ne approfitta per volgere la situazione a vantaggio dei più deboli: di tanto in tanto lascia cadere dal treno qualche sacco di farina, zucchero, carbone o qualche fascio di legname, permettendo ai più poveri di accaparrarseli. Con gli anni si è guadagnato la stima dei colleghi, che non osano far parola alle autorità delle sue marachelle.
Quando passa da Trieste, vede sempre un gruppo di bambine giocare su un prato e fa rotolare verso di loro un po’ di legna. Ed è proprio a Trieste che vorrebbe stabilirsi alla fine della guerra, innamorato del nostro mare e dei colli spazzati dalla bora, ma per poter avere fissa dimora deve necessariamente sposarsi. Venuto a sapere di una coppia del Carso con un numero di figli tale da non riuscire a mantenerli tutti, chiede ed ottiene la mano della ragazza più giovane. I due hanno un figlio di nome Sergio, che, divenuto ragazzo, frequenta l’Oratorio Salesiano dove conosce Teresa, che fa breccia nel suo cuore. Dopo averla corteggiata, Sergio e Teresa si sposano. Al matrimonio i giovani danzano e festeggiano, mentre i più anziani si divertono a raccontare storie di guerra.
“Così ogni volta facevo cadere un fascio di legna sul prato, e subito le bimbe si precipitavano a raccoglierlo” narra Ferruccio al bancone del bar.
Seduta al tavolo con le amiche, la madre della sposa racconta nel medesimo istante: “Lo chiamavamo il Treno Magico. Non ho mai saputo chi lo guidasse, ma senza quell’uomo non avremmo potuto scaldarci durante l’inverno.”
Allora i loro sguardi si incontrano.
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