Non seguo più il calcio (e in un prossimo post vi spiegherò anche il motivo), ma quando ero piccolo mio padre, come tutti i papà, faceva propaganda per reclutarmi nella sua squadra del cuore. La cosa funzionò benissimo, fino a quando qualcuno non si intromise. Qualcuno che risponde al nome di Roberto Baggio.
Giorno 17 Aprile 1993. Il Milan allenato da Fabio Capello è uno schiacciasassi temuto in tutta l’Europa, ma la Juventus è in ripresa grazie al lavoro dell’allenatore Giovanni Trapattoni e all’estro di Baggio, in odore di Pallone d’Oro.
Le due squadre si affrontano in un uggioso pomeriggio; un anticipo della giornata di campionato dovuto ai rispettivi impegni nelle coppe europee, ma siamo nel ‘93 e la televisione a pagamento non esiste. Siamo in diretta su Raiuno.
Il Milan parte benissimo e segna quasi subito con Marco Simone. La Juve tira fuori fisico, cuore e attributi, e due prodezze di Möller ribaltano il risultato.
Ma non finisce qui, perché verso il finale della gara Roberto Baggio doma un rilancio a centrocampo, sul filo dell’out di destra.
Ed è in quel preciso momento, non un istante in più, non un istante in meno, ma proprio in quel precisissimo momento che accendo la televisione.
I compiti li ho già fatti, i miei genitori e il nonno sono al lavoro e la nonna è impegnata nelle sue faccende. Fuori pioviggina. Non c’è nulla da fare, così prendo il telecomando e accendo il televisore. Il caso, o il destino, chiamatelo come volete, fa sì che non appena il televisore si accende Baggio parte con uno scatto fulmineo bruciando tutto il centrocampo milanista, mette a sedere i difensori con una finta da manuale e insacca. In cinque secondi netti il Divin Codino mette in scena tutto il suo repertorio, così mi dico che se una qualunque squadra di calcio schiera un giocatore così, allora dev’essere per forza la MIA squadra.
Grazie Robi, per avermi regalato cinque secondi di poesia autentica.
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